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PRESS/TLETTER N.55-56/2013

30 Ott 2013
#PRESSTLETTER#CRONACHE E STORIA – SETTEMBRE 1963
Il fascicolo n.95 della rivista, uscito nel settembre del 1963, fu un numero storico dedicato al maestro dell’Espressionismo Tedesco: Erich 
Figura più ammirata che compresa, restò isolato sia dal punto di vista umano che professionale.
Pur essendo tra gli architetti di maggior successo operanti in Germania, restò fuori sia dal Bauhaus sia dalla “Weissenhofsiedlug” di Stoccarda, preferendo ricerche espressive personali.
Ed è in questo contesto che riuscì a completare opere eretiche e rivoluzionarie rispetto a ogni convenzione lessicale e sintattica di quel periodo.
L’Einsteinturm a Potsdam è l’opera che, più di altre, sintetizzò la sua immensa capacità espressiva:
Il monumento, eretto nel 1920, divenne il simbolo di un mondo nuovo.
Ancora oggi, dopo quasi cento anni, non ha perso la sua incisività: il volume fluido, le superfici vibranti e la plasticità della materia lo fanno apparire più vivo di tante architetture che ci circondano.
Ma è dal punto di vista umano che ci arriva la lezione migliore di Mendelsohn; anche se di carattere apparentemente arrogante e impaziente era capace di slanci affettuosi e grandi lezioni.
Come quella volta che, di fronte ad una classe di laureandi americani, disse: “Molti di voi hanno un talento di gran lunga superiore al mio, ma pochi esprimeranno tutta la loro potenzialità, perché impareranno presto il compromesso e sceglieranno qualcosa di meno del meglio di cui sono capaci.”
Ecco.
Oggi forse dovremmo fare meno compromessi ed essere più noi stessi.
 
#PRESSTLETTER#CRONACHE E STORIA – OTTOBRE 1963 
Nel 1959, nel presentare l’opera dell’architetto milanese Giulio Minoletti, Gio Ponti usava una sequenza di aggettivi quali: “Gaio, ottimista, semplice, affascinante, appassionato, generoso e coraggioso, un lavoratore rapido, franco, conclusivo e positivo”.
E devo dire grazie alla rivista, e a questa particolare presentazione, se sono venuto a conoscenza del lavoro di Minoletti, architetto estremamente dotato, capace di coniugare una competenza tecnologica elevata, una operosità versatile e una manifestazione di gusto particolarmente raffinato.
La sua poliedrica attività spaziò con una continuità impressionante dall'urbanistica all'architettura fino all'industrial design, lavorando indifferentemente con Pagano per la “Milano Verde”, con la Breda per l’ETR 300 o come “internista” nelle navi italiane quali l’Andrea Doria e la Cristoforo Colombo.
Tra le altre, sono due le opere che hanno catturato la mia curiosità: la casa per uno scapolo a Varenna sul lago di Como del 1941 e la mensa Pirelli alla Bicocca del 1956 inopportunamente demolita nel 1988.
Nella casa dello scapolo la difficile e incantevole posizione orografica divenne il tramite per realizzare un fantastico scrigno, mutevole e ad assetto variabile.
All’interno, grazie a semplici accorgimenti e nonostante l’esiguità degli spazi, si potevano svolgere le azioni abitative più disparate; al tempo stesso la dimensione raccolta di questa piccola casa si riscattava nella visuale aperta verso il lago e nell’apertura verso il giardino.
Gli speroni con i mosaici rossi che affondano nell’acqua, le esili e leggere pensiline, il trampolino a sbalzo per l’approdo dal lago e il grande muraglione che contiene la strada completano questa piccolo capolavoro.
La seconda opera è la mensa per gli impiegati della Pirelli alla Bicocca di Milano.
Minoletti riuscì a soddisfare il complicato programma funzionale (1600 persone che dovevano pranzare in due turni di 40 minuti con un intervallo di solo 10 minuti) qualificando lo spazio attraverso pregnanti preoccupazioni psicologiche verso i fruitori della mensa.
Costruì un grande ambiente da 800 posti e lo coprì con una capriata in ferro invertita, in modo che il profilo sagomato della copertura orientasse lo spazio verso l’altezza massima della parte vetrata. Quest’ultima, rivolta in favore della luce naturale e di un fondale verde cinto da un muro, diventava una scenografia che, oltre a nascondere la vista della fabbrica qualificava lo spazio interno.
Nella bella stagione la parte bassa dell’infisso, azionata elettronicamente, poteva scomparire verso il basso creando la piacevole condizione di mangiare all’aperto a contatto con l’esterno.
L’ingresso alla sala, invece, avveniva attraverso un’avvincente sequenza spaziale che ne preparava la scoperta; l’improvvisa visione dell’enorme sala avveniva, dopo aver girato di 90 gradi intorno ad un grande setto nero, il “drappo” scenico, che fungeva da atrio.    
Questa architettura testimonia le peculiari doti di questo professionista, sempre disponibile a dare risposte unitarie ai problemi culturali e tecnologici di una società in pieno progresso.
La sua opera ha attraversato e, silenziosamente segnato, quell’”età dell’oro” dell’architettura Italiana che ancora oggi è oggetto di studi e ricerche.
Ad occhi attenti di studiosi e architetti queste opere offrono ancora oggi una dote preziosa e infinita di stimoli; il motivo di quest’attenzione lo dobbiamo ricondurre ad un modo di concepire il mestiere di architetto negli anni 60, figure in grado di conciliare professione e ricerca, facendo emergere magnificamente la questione dello stile…..Questa architettura è stata demolita nel 1998……

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