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2013

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Lunedì, 30 Dicembre 2013 00:00

PRESS/TLETTER N.57-58/2013

#PRESSTLETTER#CRONACHE E STORIA – NOVEMBRE 1963
Nel 1963 “Le mani sulla città” di Francesco Rosi vinse il Leone d'oro alla Mostra internazionale del Cinema di Venezia battendo il capolavoro di Federico Fellini, “Otto e mezzo”.
“L'architettura cronache e storia” non poteva esimersi dal sottolineare questo film capace, per la prima volta, di trasporre in immagini il tema della speculazione edilizia e più in generale di fornire un desolante quadro dell'Italia.
L'opera diede corpo e linguaggio cinematografico a quelle radici politiche e a quelle implicazioni sociologiche che rendevano l'urbanistica, l’aspetto più sinistro della realtà italiana.
Nel film si possono rileggere, con una paurosa precisione, gli avvenimenti che si sono succeduti negli ultimi cinquanta anni nel nostro paese: la speculazione edilizia, i conflitti di interesse tra pubblico e privato e la lotta per il potere.
Negli anni '60, complice le attese dettate dal Miracolo Economico, la speculazione riusciva a trasformare un terreno agricolo in un'area edificabile con profitti del 5000%, nella logica del "Tutto guadagno, nessun rischio". Ancora oggi ne paghiamo le conseguenze…….
Negli anni '90 i conflitti di interessi tra cosa pubblica e privata dimostrarono, attraverso l'inchiesta Mani Pulite, che non erano più le singole persone ad essere corrotte ma l'intero sistema politico italiano. Ancora oggi quello che ci sembrava il fondo era solo la punta…….
In questi ultimi anni la battaglia per il potere è stata capace di ogni compromesso, di ogni becera alleanza e di una convergenza verso l'unica certezza: la poltrona del comando. Oggi abbiamo perso quella minima affidabilità che ci era rimasta in dote…….
Il film di Rosi resta, comunque, di grande attualità perché riuscì a trattare in maniera originale quel perverso rapporto tra politica e moralità, tra partiti e deliri di onnipotenza, tra benessere di pochi e stanchezza di molti.
#PRESSTLETTER#CRONACHE E STORIA – DICEMBRE 1963
La presentazione dell’Istituto Scolastico Privato Massimo all’E.U.R. opera degli Architetti Rebecchini, Lafuente, Lenti, Sterbini e dei F.lli Passarelli, fu il pretesto per aprire un dibattito tra la scuola privata e la scuola pubblica.
Negli anni ’60 era forte la volontà che le scuole statali potessero contare su una serietà di impostazione edilizia, su una disponibilità di aree e su un programma economico pari a quelli di Istituti come il “Massimo”.
Nella realtà una serie di lungaggini burocratiche, una scarsa organicità degli interventi e lo scarso interesse che la società Italiana poneva alla risoluzione dei problemi scolastici, suonava come un cattivo presagio. Nel 1964 furono, però varate alcuni leggi che fecero decollare l’edilizia scolastica.
In questo scenario le scuole progettate dall’Architetto Luigi Pellegrin generarono lo stesso effetto che si può provare oggi quando passi dalla musica di Albano a quella dei Pink Floyd.
Lui cambiò il modo di vedere la scuola all’interno della città: essa doveva diventarne parte integrante, una sorte di condensatore sociale creato in spazi mai banali.
Per far questo abbandonò le raffinatezze Wrightiane e abbracciò la sperimentazione e la prefabbricazione; costruì 300 scuole, modellò 300 spazi e diede 300 risposte differenti ai temi posti dallo sviluppo dell’edilizia scolastica.
Lo fece nella speranza che studiando in quei luoghi saremmo cresciuti meglio di quelli che erano costretti a studiare nelle “scatole” che parallelamente si costruivano in Italia.
Come al solito riuscì a capire tutto in anticipo dicendo che il grado di civiltà di un paese si vede dal livello delle scuole.
Alla scuola elementare di mio figlio, dopo la risma di fogli A4 e il toner per stampare, mi hanno chiesto anche il contributo per comprare direttamente la macchina fotocopiatrice…….
Pubblicato in XXL CHRONICLES

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