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2011

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Mercoledì, 30 Marzo 2011 00:00

ISTANBUL

VIAGGIO A ISTANBUL
ANNO: 2011

Pubblicato in XXL PICTURES
Domenica, 20 Marzo 2011 00:00

PRESS/Tletter n.30-31/2011

CRONACHE E STORIA-FEBBRAIO 1961

 

“Si verifica un generale senso di disagio in architettura, e l’Italia è la nazione dove il fenomeno si manifesta maggiormente……. Nell’architettura italiana vi è esuberanza, ma non genuina fantasia.

Come i francesi, anche gli italiani lasciano gli incubi straordinari agli uomini del nord; le loro stranezze non raggiungono mai quell’evasione finale dalla realtà che è reperibile nella linea creativa di un Gaudi’, di un Mendelsohn, di un Goff o di un Poelzig, e anche di Wright.

L’architettura contemporanea italiana ha perso le sue direttrici, ha infranto i suoi principi.

La sobrietà e la vivacità che caratterizzarono l’edilizia popolare dopo il crollo del fascismo sono finite……… Vi è una malattia che spinge ogni architetto italiano, quando costruisce, a cercare una cosa che meravigli tutti……. Il rischio che l’architettura degeneri in un gioco è evidente…………….

Allora dobbiamo domandarci: il risultato finale sarà buono o almeno promettente?”.

Così scriveva, nel 1961 sulle pagine dell’Architectural Record, John Burchard, recensendo alcune opere costruite in Italia e in particolare a Milano.

La critica è stata sempre dura con l’architettura italiana; ma se lo era negli anni sessanta, quando nel bene e nel male si costruiva abbastanza, su cosa dovrebbe discernere le sue tesi oggi, che il livello delle realizzazioni è rarefatto verso l’inconsistente?

Nel fascicolo mensile sono presentate le opere di due architetti diversi per provenienza geografica ma accomunati dalla grande professionalità: Antonio Guacci e Peppo Brivio.

Antonio Guacci nato in Puglia nel 1912 operò per molto tempo a Trieste, ove insegnava caratteri distributivi degli edifici presso l’Istituto di Architettura Tecnica della Facoltà di Ingegneria.

Le sue opere appaiono ancor oggi veramente moderne, frutto di una geometria scandita da interventi misurati, accurati e chiari e trascritti attraverso un ottimo rigore compositivo.

Dalle sue opere si evince un grande sforzo per garantire quell’equilibrio tra la forma e la funzione, quell’armonia tra la semplicità e la chiarezza, e quella professionalità dimostrata nell’uso corretto dei materiali e nella coerenza a un linguaggio architettonico ancora “fresco e moderno”.

Rileggere la rivista con cinquanta anni di ritardo ci permette di recuperare queste figure di architetti assolutamente brillanti e professionalmente preparati.

Disconoscere la storia e i suoi interpreti è sintomatico di una superficialità che va combattuta con una perenne curiosità: solo così si rende onore a chi ci ha proceduto e si cerca di proseguirne il percorso.

In questi anni, purtroppo, non abbiamo indirizzato la nostra curiosità verso questa direzione. Abbiamo, altresì, sviluppato in maniera ossessiva, quella generata da chi sbircia dal buco della serratura, quella che legge la storia attraverso wikileaks o quella che guarda la realtà attraverso il grande fratello.

Forse ci stiamo perdendo qualcosa…….ctrl+alt+canc

Veniamo ora al secondo professionista presentato dalla rivista, un giovane architetto che all’età di 37 anni poteva vantare ottime realizzazioni.

Peppo Brivio, nato in Svizzera da genitori comaschi, aprì il suo studio a Lugano; le prime case realizzate a Locarno, a Massagno e a Chiasso dichiarano un linguaggio di sapore neoplastico frutto della combinazione di linee ortogonali e centrifughe e di forme grammaticalmente ineccepibili.

E sarà proprio quest’attenzione alla grammatica piuttosto che alla morfologia a rendere

all’epoca come oggi, le sue architetture moderne e qualitativamente eccellenti.

Per dirla con le sue parole: ”…..l’astrazione dalla grammatica e dalla storia della grammatica corrisponde spesso ad uno stato di confusione nel giudizio critico, e peggio, nella produzione corrente dell’architettura….”.

Seconda puntata sulla presentazione delle opere di Cesare Cattaneo: l’asilo Garbagnati di Asnago.

Questa costruzione rappresentò la prima opera matura dell’architetto comasco, e sebbene fu pensato e realizzato qualche anno prima, non raggiunse mai la fortuna critica del ben più noto asilo Sant’Elia di Terragni restando, comunque, un piccolo capolavoro dell’architettura razionalista.

Dal punto di vista compositivo, l’asilo, deve la sua riuscita alla combinazione tra la scomposizione volumetrica, le dissonanze nei prospetti e l’articolazione planimetrica.

Nella rivista sono presentate le foto nello squallore della devastazione del dopoguerra:

pur nell’abbandono l’opera acquista accenti metafisici e ci dimostra, ancora una volta, che l’architettura è valida se ha la capacità di resistere ai fenomeni della vita.

Se nel 1961 compravi un giocattolo nel nuovo negozio Tom Boy realizzato da Vittoriano Viganò a Milano, univi all’utilità della spesa, l’ammirazione del semplice e geniale allestimento realizzato dall’architetto.

Un reticolo di rete metallica permetteva un variegato e flessibile allestimento dei giochi su tutta la parete; l’effetto generato dall’esposizione era più vicino a un museo che a una mera vendita di giocattoli.

Comunque se dovevi comprare uno dei meravigliosi giochi in legno di una volta o il pupazzo, alto circa 1 Mt,dal nome “Ercolino sempreinpiedi” pagavi la bellezza di 800 lire……………………….

………………………..pardon 0,41 euro.

 

CRONACHE E STORIA-MARZO 1961

 

Argomenti degli editoriali in breve del 1961: sciopero degli studenti, situazione dei beni culturali e provvedimenti a sostegno per risanare il patrimonio edilizio.

La storia si ripete sempre, cambiano i soggetti ma i temi sono sempre gli stessi.

La ciclicità degli argomenti impone riflessioni al riguardo: come mai dopo cinquant’anni siamo sempre a farci le stesse domande? E come mai non abbiamo trovato risposte a problematiche immutabili?

Ieri uscivamo dalla guerra, oggi ci raccontano che siamo in crisi, ieri non esistevano abbastanza fondi per evidenti motivi, oggi questi fondi li abbiamo finiti, ieri si cercava di costruire un’identità nazionale, oggi d’identità abbiamo solo la carta……

Questo paese è afflitto da un serio problema di autolesionismo, che ci costringe a screditare tutto il patrimonio che abbiamo ereditato, e a farci confondere l’interesse comune con quello personale.

Negli anni ’60 nelle scuole di architettura si scioperava contro l’indirizzo didattico dettato dal personale docente, contro l’impostazione accademica e autoritaria che produceva risultati dogmatici e aprioristici, capace solo di comprimere l’educazione degli studenti.

Nel 2011 gli studenti scioperano contro la legge Gelmini.

Negli anni ’60, dopo le dimissioni di Guglielmo De Angelis d’Ossat dalla Direzione Generale delle BB.AA., si cercava un sostituto capace, come il De Angelis, di controbattere alle orde dei disonesti distruttori del nostro patrimonio artistico.

Il Governo dell’epoca comprese l’importanza che la cultura e l’arte di una nazione hanno nella stessa vita internazionale e, al posto del De Angelis, chiamò un uomo altrettanto incorruttibile, energico, risoluto e, soprattutto, duro nella difesa del nostro patrimonio artistico: Bruno Molajoli.

Nel 2011 il Governo costringe a restare incollato alla guida dei Beni e le Attività culturali, un Ministro che ha una voglia matta di dimettersi.

Negli anni ’60 il senatore Emilio Battista presentò un disegno di Legge dal titolo: “Provvedimenti diretti a favorire l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione”; senza nuovi oneri per il bilancio dello Stato, la legge consentiva di recuperare i mezzi finanziari per il risanamento del vecchio patrimonio edilizio.

I fondi per il credito erano tratti dalle indennità di anzianità al dipendente che i datori di lavoro dovevano accantonare. Queste somme vincolate dovevano essere investite dal datore di lavoro in titoli emessi dall’ I.N.F.I.R.-Istituto Nazionale per il Finanziamento della Ricostruzione all’interesse del 3.50%.

L’ I.N.F.I.R. concedeva mutui di congruo importo per l’acquisto, la costruzione e la straordinaria manutenzione, con un tasso di interesse, a carico del mutuatario, del 3.50%.

Con una linearità senza precedenti si metteva a disposizione delle opere di risanamento un capitale di decine di miliardi annui.

Nel 2011 il governo ha approvato il Piano Casa come volano per il mondo dell’edilizia.

Tiriamo le conclusioni: a fronte delle stesse problematiche riguardanti l’istruzione, il patrimonio artistico o l’attività edilizia, oggi, le risposte dei governanti, sembra non essere all’altezza di quelle date negli anni ’60 e non ci consola il fatto di essere tutti dentro una crisi profonda e globale.

Forse ci consolerebbe di più essere governati da statisti, perché per dirla con le parole di Alcide De Gaspari: “Un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alle prossime generazioni”.

Nel mese di marzo è presentato nella rivista l’edificio ad angolo tra via Tiburtina e via dei Fiorentini: è una costruzione interamente realizzata con elementi prefabbricati dall’architetto Massimo Starita e da Sergio Musmeci.

Le ragioni di interesse di questa realizzazione sono molteplici: dal dettaglio all’insieme, dalle soluzioni costruttive adottate ai particolari vantaggi tecnici conseguiti, all’economia di tempi e di costi al risultato formale.

In un periodo in cui la prefabbricazione è stata quasi del tutto dimenticata, fa piacere rileggere la realizzazione di questo vero e proprio “programma edilizio” concepito, progettato e realizzato in maniera da ridurre al minimo il margine lasciato alla solita pratica costruttiva o all’abitudine delle maestranze.

La sua progettazione si è dilatata fino a comprendere non solo i problemi che di norma si risolvono al tavolo di disegno ma anche quelli che si pongono, e si risolvono male, in cantiere.

Anche vedendolo oggi, con la patina del tempo e nella sua semplicità, si notano le proprietà di chi lo ha realizzato: ingegno, serietà, responsabilità e chiarezza.

In via dei Fiorentini è stata progettata una costruzione e non costruito un progetto.

Se decidevi di costruire un edificio con una cubatura di 100.000 Mc e sceglievi di realizzarlo con una prefabbricazione tipo quella adottata in via dei Fiorentini dovevi spendere 93 milioni di  lire……………………….………………………..pardon 48.030,49 euro.

 

Pubblicato in XXL CHRONICLES
Giovedì, 10 Marzo 2011 00:00

NUOVA PIAZZA UNIVERSITA' CASSINO

PROGETTO: PIAZZA DEL POLO UNIVERSITARIO DELLA FOLCARA
ID: PZZ CSS 03M11 XXL42
TIPOLOGIA: CONCORSO
COMMITTENTE: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CASSINO
LUOGO: CASSINO (FR)
COLLABORAZIONI: ARCH. STEFANO DEL PIERO – ARCH. ANNA COIRO
SUPERFICIE: 6000 mq
PROGETTAZIONE: 2011
ESECUZIONE: -----------
WEB CATEGORIES: XXL ARCHITECTURES
TESTO: Obiettivo del concorso era quello di strutturare l’area grigia inserita tra i corpi di fabbrica  delle facolta’ dell’ateneo.

Pubblicato in XXL ARCHITECTURE

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XXL Architetture è stato fondato nel settembre
del 2003 ed attualmente ne fanno parte
gli architetti Germano Franciosi (1976)
ed Arcangelo di Cesare (1966).

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