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2009

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Sabato, 25 Aprile 2009 00:00

PIASTRE

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Pubblicato in XXL SKETCHES
Venerdì, 10 Aprile 2009 00:00

PRESS/Tletter n.12-13-14/2009

CRONACHE E STORIA-FEBBRAIO 1959

“D'altra parte voglio combattere l'idea che la scuola debba direttamente fornire quelle speciali conoscenze e cognizioni di cui l’uomo dovrà più tardi servirsi nella vita! Le esigenze di questa sono troppo multiformi perché sia possibile nella scuola un addestramento così specializzato.

Lo scopo della scuola dovrebbe essere sempre questo: che i giovani, quando l’abbiano lasciata, abbiano acquisita un'armoniosa personalità, non una specializzazione.

Se una persona è padrona dei principi fondamentali della sua materia e ha imparato a pensare e a lavorare liberamente troverà certo la sua strada e, più di coloro la cui istruzione consiste soprattutto nell'acquisto di una dettagliata conoscenza, sarà in grado di adattarsi al progresso e ai cambiamenti.”

Prendendo in prestito le parole di Einstein, l’architetto Roberto Pane auspicava una migliore educazione formativa dei giovani architetti italiani contro il diffondersi nel nostro paese di un benessere puramente meccanico.

L’assenza di una cultura critica induce gli spiriti superficiali a gratificare tutto ciò che tende a valori che si inseriscono, immediatamente e direttamente, in un rapporto puramente economico, tralasciando l’aspetto puramente spirituale dell’arricchimento dell’”io”.

Nel fascicolo di febbraio trovano spazio due opere che caratterizzeranno la storia dell’architettura italiana: il grattacielo milanese dei B.B.P.R. e l’istituto Marchiondi di Vittoriano Viganò.

Se la prima opera rappresenterà il primo degli episodi destinato a mutare la dimensione edilizia e lo sky-line milanese, generando quelle dinamiche che ci porteranno ai moderni sviluppi (e alle polemiche…..) previsti da Zaha Hadid, Arata Isozaki e Daniel Libeskind nel loro progetto di City-life,

la seconda opera diventerà il simbolo italiano dell’architettura, definita da Reyner Banham, Brutalista.

La torre Velasca, opera degli architetti Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto N. Rogers e Gian Luigi Banfi, nasce in una Milano in cui la dimensione verticale era quasi nulla e, nonostante l’eccezionalità volumetrica, cerca di fondersi per continuità materiale all'ambiente e si sforza di presentare il suo volume con la stessa solidità muraria delle case che costituiscono il tessuto prevalente della città.

La negazione della forma, pura e assoluta, sarà sottolineata dall'esplosione del magma-volume compatto che improvvisamente in un punto si spezza e si dilata, mentre la dissonanza, con il resto del costruito, sarà attenuata dalle nervature verticali che conferiranno alla torre un aspetto più umano.

L’istituto Marchiondi rispecchia fedelmente le caratteristiche del “brutalismo”: edificio con un’immagine visivamente unitaria e netta, l’esposizione della struttura e la valorizzazione dei materiali grezzi non trattati, ma è nella concezione tipologica e funzionale che l’edificio mostra i suoi aspetti migliori.

Il Marchiondi nacque dalla felice collaborazione tra gli esperti educatori e l’architetto, che diedero corpo ad un nuovo organismo basato su principi di libera ospitalità, con distribuzione a schema aperto, trasparente e, ovunque possibile, a contatto con l’esterno.

La scelta di un'espressione architettonica rude, secondo i pedagogisti, è stimolante, virile, consente la manifestazione della personalità ma la inquadra continuamente entro una disciplina; dal nuovo “Marchiondi”, i ragazzi “difficili” non fuggono; è questo un dato apparso subito fondamentale perché esprime il successo di un indirizzo educativo e di un’architettura che ha saputo coraggiosamente modellarlo in aspro ma libero linguaggio.

Visto lo stato di forte abbandono in cui versa oggi l’edificio, che nonostante i vincoli architettonici per la sua salvaguardia resta in grave pericolo, è un piacere ricordare, oltre il suo carattere simbolico, la forte componente educativa svolta negli anni.

Ed è nelle parole di Vittoriano Viganò che si deve ritrovare l’essenza dell’architettura: ”Chi ha veramente compreso il Marchiondi non sono stati gli organizzatori, le autorità scolastiche e pedagogiche, i colleghi, i critici di architettura che pure mi hanno fatto tanti complimenti: sono stati i ragazzi. Non potrò, credo, dimenticare il grido di gioia con cui sciamarono dentro, l’entusiasmo con cui presero immediato possesso delle attrezzature, degli armadietti, dei porta-abiti…….”.

Per concludere l’escursione mensile ricordo le parole che l’architetto Sir Basil Spence, neo-presidente del Royal Institute of British Architects, (nonché progettista dell’ambasciata Inglese a Roma di Porta Pia) pronunciò in un discorso apparso rivoluzionario fino al paradosso.

Dopo aver osservato che le commissioni Edilizie 1) impediscono la realizzazione di molti edifici modernamente validi, 2) seguono il criterio del “più basso denominatore comune dell'ignoranza e della cattiva architettura” e approvano senza difficoltà solo i progetti mediocri, 3) non hanno mai migliorato un progetto con i loro consigli, 4) costituiscono un ostacolo burocratico e non un aiuto per i professionisti, ha chiesto a titolo personale l'abolizione di queste commissioni.

Detto da un conservatore cinquanta anni fa meriterebbe più di un pensiero……..

Nel 1959 se compravi il libro ”Vita dei materiali nell’architettura” di Giulio Roisecco, Editori Vitali e Ghianda di Genova, oltre ad avere una trattazione accurata dell’argomento, concreta e non empirica, spendevi 3.000 lire………………………………pardon 1,55 euro….

CRONACHE E STORIA-MARZO 1959

Il 12 dicembre 1958 l'Ordine dei Medici di Roma ha radiato dall'albo professionale il prof. Riccardo Galeazzi Lisi, ex archiatra pontificio, perché, avendo ceduto a scopo di lucro un diario e alcune fotografie sull’agonia del defunto Papa, aveva trasgredito il codice di deontologia medica. Provvedimento coraggioso, che suonerebbe straordinario, incredibile se fosse applicato nel settore degli architetti o degli ingegneri edili. Eppure, è mai possibile che non vi siano architetti o ingegneri passibili di ammonizione o espulsione dagli albi per attività che mortifichino il prestigio della professione?

Nel 1959 cinquanta studenti del Reale Collegio di Belle Arti a Londra hanno costituito un Comitato d'Azione contro le brutture architettoniche e, come primo atto, si sono recati a manifestare nei cantieri di due palazzi siti nel centro urbano con il proposito di dissuadere gli operai dal continuare la costruzione. Niente male. L'intervento degli studenti nella vita politica e civile è un termometro sicuro del grado di maturità di una nazione.

Tra breve l’attuale governo attuerà il nuovo decreto per il piano casa, attraverso il quale si potranno generare dinamiche che porteranno incrementi di cubature nella misura massima del 20%; forse avremo condomini come l’edificio Wozoco ad Amsterdam degli MVRDV………………………………….ma più verosimilmente saremo costretti a scatenare le ronde degli studenti per far fronte al brutto e dovremo ammonire alcuni “architetti” dal continuare la professione………..

Nel fascicolo di Marzo viene presentata per mano della stessa committente, Elisabeth Mann Borgese (figlia dello scrittore Thomas Mann), la casa a Forte dei Marmi, opera dell’Architetto Leonardo Ricci.

La splendida e appassionata recensione dell’opera dovrebbe diventare un documento da far studiare nelle scuole di architettura tant’e’ contagioso l’apprezzamento del lavoro dell’architetto da parte della committente.

Giudicare una casa, come una persona, in base al suo aspetto sarebbe del tutto superficiale. L'aspetto, senza dubbio, è importante: ma si deve vivere con una casa, come con una persona, prima di poterla conoscere. Si deve lavorare, dormire, mangiare in essa; guardare le albe e i crepuscoli e il mutare delle stagioni; sperimentare come si sta al caldo e al freddo, se sia ospitale per gli amici e atta a riunircisi, e come influisca sul morale, ottimista o depresso, della gente; imparare i suoi gusti: quali quadri esiga, e fino a che punto il suo gusto si accordi con il nostro. Costruirsi la casa un avvenimento fondamentale nella vita come sposarsi.(e viceversa, separarsi da una casa, da lungo tempo familiare somiglia, molto al divorzio).

Ubicata nel retroterra di Forte dei Marmi, non lontano dal mare, la casa si relaziona organicamente al sito sulla base di un doppio principio - integrazione e esternazione - connaturato alla logica progettuale dell'architetto ma qui risolto nella maniera più efficiente anche dal punto di vista espressivo.

Mentre la pianta a doppio ventaglio sfrutta in maniera ottimale le vedute panoramiche verso le montagne e verso la costa tirrenica, il corpo dell'edificio è ad un tempo “librato” ed “ancorato” rispetto al terreno. Difatti la casa poggia a ponte su robusti “contrafforti” a scarpa, tipicamente ricciani, realizzati in pietrame di marmo (scarti delle cave di Carrara) proprio per denunciare efficacemente l'ancoraggio al terreno. Il corpo dell'edificio, invece, in cemento armato (parte a vista e parte tinteggiata di bianco) tende ad autonomizzarsi da questa sorta di 'rustico basamento' che però prosegue in elevazione con setti che intersecano la struttura in cemento armato secondo una logica compositiva di matrice neo-plastica.

Vengono presentate due opere dell’architetto Giancarlo De Carlo, non due opere singolari ma due realizzazioni che testimoniano che alle soluzioni appariscenti, l’architetto preferirà, sempre, la ricerca disciplinata dai risultati duraturi.

“Rinunciare per sempre alle vecchie posizioni dell’avanguardia, schematiche, generiche, fastidiose e, in definitiva, accademiche, per porsi su un piano di ricerca seria e approfondita dove le trepidanti proclamazioni di principio contano assai meno dei piccoli risultati parziali di una concatenazione che procede con rigore verso un preciso scopo”.

In un mondo di uomini incapaci a dire NO e ad agire controcorrente, questo sarà il credo di Giancarlo De Carlo, un’eccezione nel panorama italiano oltre che un architetto eccezionale.

Nella rubrica sulle costruzioni dei quartieri I.N.A.-Casa, viene presentato un quartiere che farà parlare molto di se: Il Forte Quezzi a Genova opera degli architetti Luigi Carlo Daneri e Eugenio Fuselli.

Il quartiere sarà studiato per avere una conformazione d'insieme semplice, omogenea e armonicamente inserita nel paesaggio, collocando pochi edifici, molto lunghi, piegati ed adagiati sulle curve di livello della collina.

L’aderenza alle precise esigenze paesaggistiche e ambientali non troverà adeguato riscontro alla componente relativa all’abitabilità psicologica e pratica del quartiere: esso non diventerà mai un ambiente urbano piacevole ed accogliente.

Il nuovo quartiere tradirà la prevalenza di un principio dominante e di un criterio di livellazione, che si tradurrà in forme e dimensioni tali da mortificare qualsiasi esigenza di carattere individuale.

Se nell’anno 1959 chiamavi l’architetto Leonardo Ricci e gli commissionavi la costruzione della casa della signora Elisabeth Mann Borgese, sopracitata, spendevi 7.000 lire al metro cubo……….

………………………………pardon 3,61 euro ……………..….

CRONACHE E STORIA-APRILE 1959

 All’inizio dell’anno viene recensito il progetto per il nuovo Ministero delle Finanze prospiciente il laghetto dell’EUR, progettato dall’Architetto Cesare Ligini.

Si tratta di un esempio significativo di architettura razionalista del secondo dopoguerra che registra, all’interno del comprensorio dell’EUR, il passaggio storico dal monumentalismo fascista a un’architettura moderna per la democrazia ritrovata.

Oggi, cinquanta anni più tardi, siamo ancora a discutere sulla necessità di abbatterlo per far posto ad un nuovo intervento dell’Architetto Renzo Piano; è assai grave che, mentre all’EUR il Nuovo Piano Regolatore vincola come storici gli edifici fascisti, nello stesso quartiere si minacci di abbattere un’importante testimonianza della storia dell’architettura italiana del Novecento.

Forse ci sarà un premio di cubatura…….

Nel fascicolo di aprile viene presentata la “casa del Maresciallo” a villa Balestra opera dell’architetto Federico Gorio; la presentazione di Ludovico Quaroni esalta quella che lui considera la migliore casa di abitazione della Roma moderna.

Senza nessun premio di cubatura, la casa doveva recuperare la volumetria esistente di un rudere già presente sul terreno.

La concezione, assai banale, del manufatto esistente condizionò abbastanza le scelte dell’architetto; ciò nonostante il rivestimento, eseguito con una texture di mattoni in cortina, abbinato ai marcapiani sfalsati, in cemento e graniglia nera, e alle finestre poste liberamente, determineranno un risultato coerentemente moderno e fortemente unitario.

L’immagine rivoluzionaria dello spazio interno sarà la vera novità posta in essere dall’architetto Gorio: un sapiente gioco spaziale, degno erede delle concezioni del Raumplan di Loosiana memoria, caratterizzerà l’intero volume in un continuum visivo dall’ingresso alla biblioteca.

La continuità tra gli ambienti, unita alla luce zenitale, proveniente dalle falde inclinate, e alla luce orizzontale, proveniente dalle finestre casuali, determineranno un capolavoro che non mostra le fatiche del tempo e dimostra, se necessario, che l’architettura di qualità resta impressa nella memoria.

Un secondo esempio di sapiente ricerca formale unita ad un abbondante uso di materiali particolari e ad un uso di forme mai banali, ci viene fornita dalla presentazione di un’opera dell’Architetto-Ingegnere Ugo Luccichenti. 

Il maggior vanto di Ugo Luccichenti è quello di essere un professionista solido, senza eccessivi tormenti e senza pentimenti postumi: progetta i suoi edifici fino ai più minuti particolari, e non vi apporta mai modifiche.

In quegli anni istituì un premio, consistente in una medaglia d’oro, da assegnare all’impresa che dimostrava di saper eseguire una sua opera senza nulla alterare; questo procedimento, cifre alla mano, si dimostrerà conveniente sia sotto il profilo economico che sotto quello estetico.

Spregiudicatezza, sperimentalismo, volontà di successo professionale: ecco i tratti caratteristici della forte personalità di Ugo Luccichenti. Una personalità complessa, talora contraddittoria, che si esplica in un linguaggio duplice, ora attirato dai violenti effetti chiaroscurali, ora mosso da sottilissime modanature.

Nella palazzina di Via Montello, nel quartiere romano di Prati, riuscì a modulare la facciata scandendola con bow-window e balconi in un gioco chiaroscurale enfatizzato dalla scelta dei materiali che vanno dal rovere lucido delle velette, al klinker color cuoio delle balaustre, dal vetro giallo retinato dei parapetti dei balconi alle tesserine di mosaico dei marcapiani.

Le regole commerciali delle vie più importanti delle nostre città, invalidano il più delle volte, gli allestimenti di qualità; è stato così con il Negozio MIM a Piazza Augusto imperatore dell’Architetto Luigi Pellegrin e fu così anche per il salone della manifattura ceramica Pozzi costruito, a Roma in Via Condotti, dallo studio dei fratelli Passarelli.

La caratterizzazione di questo spazio lungo 24 metri e largo 5, sebbene fortemente vincolato dalla struttura esistente, avvenne tramite un rivestimento materico effettuato con un mattone refrattario; furono rivestite le pareti, i pavimenti, la struttura e i soffitti.

La continuità tra piani orizzontali e verticali fu ottenuta con pezzi speciali di raccordo che, generando una texture continua dell’involucro, esaltavano la profondità dello spazio; per rafforzare, ancor di più, questa sezione continua e mutevole, fu aggiunta una passerella in ghisa a maglia rettangolare che, dal marciapiede, con lievi variazioni di quota in corrispondenza delle variazioni di sezione, portava all’interno del negozio.

La giunta comunale di Roma ha deciso di concedere all’Ente Autonomo un’area per la nuova sede della VII Fiera di Roma che avrà luogo dal 30 maggio al 14 giugno 1959. E’ stato deliberato di mettere a disposizione dell’Ente Fiera un comprensorio di terreno fronteggiante, per circa 300 metri, la Via Cristoforo Colombo, dopo Piazza dei Navigatori, e delimitato dalla Via dell’Arcadia e dalla Via dell’Accademia Pontiana.

Oggi la Fiera di Roma si è di nuovo trasferita sulla Roma-Fiumicino e questa area, tristemente dimessa, aspetta la tanto decantata Città dei Bambini, anche se più verosimilmente, il silenzio della nuova giunta genererà cubature diverse…..

Se nel 1959 partecipavi al concorso per il nuovo Municipio di Saint Vincent, che scadeva il 31 maggio, potevi vincere la somma di 400.000 lire……………..pardon 206,58 euro. 

Pubblicato in XXL CHRONICLES

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