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2010

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Venerdì, 30 Aprile 2010 00:00

DOMENICO FRANCIOSI

DOMENICO FRANCIOSI

Pubblicato in XXL FRIENDS
Sabato, 10 Aprile 2010 00:00

ANDREA SIRNA ARCHITETTO

Laureato nel 2008 presso l'università degli studi di roma "la Sapienza" con una tesi sull' housing sociale;durante gli studi ha avuto modo di collaborare con studi di architettura e digital design durante i quali ha acquisito le capacità e competenze in comunicazione visiva. dopo la laurea ha collaborato con diversi studi di progettazione ,in particolar modo con lo studio F.A.R.E. dal 2006 al 2010, in cui ha sviluppato le competenze specifiche che permettono di gestire l'iter progettuale attraverso tecnologie appropriate,dalla progettazione esecutiva fino alla computazione,gestendo anche la parte di comunicazione grafica dello studio.
Ha coadiuvato professionisti nella gestione di incarico di R.U.P. e di direzione lavori in appalti pubblici e privati.Ha svolto e svolge attività di docente di software avanzati per la modellazione e la progettazione architettonica.
Attualmente svolge l'attività di libero professionista e si occupa principalmente di architettura di interni,collaborando con diversi studi come consulente.
Pubblicato in XXL FRIENDS
Giovedì, 08 Aprile 2010 00:00

PRESS/Tletter n.21-22-23/2010

CRONACHE E STORIA-FEBBRAIO 1960

 

“L’architettura è un aggregato di ipocrite scatole con presunzioni igienico - sociali. L’architettura vive necessariamente di ogni sorta di compromessi: produce illusioni per uomini in agonia, morfinizza l’umanità, falsifica di continuo l’esistenza dell’uomo.

Cosa propongono gli architetti? Propongono il più sano modo di vivere in ambienti sani, propongono il sorriso della luce e il fatuo lindore dei bianchi, l’igiene e la funzionalità fino alla nausea, la felicità organizzata e apparecchiata come una tavola, la stupida comodità dei confort…..l’architettura propone il varo di un ordine idealistico e bugiardo, e sogna le più false civiltà.

Essa avvilisce l’uomo e lo pone in imbarazzo, trappola dorata dei suoi slanci di libertà e passione.”.

Invettive come questa, lanciate sulle pagine di “Documento-Sud” dall’artista Guido Biasi, sono il frutto di una sterile e ipocrita accusa al mondo dell’architettura………. rappresenterebbero, in maniera più efficace, il “manifesto ideale” di qualunque palazzinaro che “infetta” da anni le nostre periferie……..

Nello scorso report abbiamo narrato le vicende delle torri in ferro, costruite a Los Angeles, dal muratore romano Simon Rodilla; le torri erano a rischio demolizione ma un gruppo di architetti e critici si è oppose ottenendo la loro definitiva conservazione.

Stessi anni, stesso problema, paese e risoluzione all’opposto……..

Siamo in Italia, per l’esattezza a Palermo in Piazza delle Croci, il villino Deliella, opera dell’architetto Ernesto Basile.

Il villino era stato costruito nel 1909, il suo cinquantesimo anno scadeva il 31 dicembre del 1959; esercitate le dovute pressioni sul ministero, gli interessati hanno ottenuto di togliere il vincolo e si sono affrettati nella demolizione prima della fine dell’anno in modo da evitare nuovi interventi della soprintendenza……..sadico tempismo o italica furbizia?

Così andavano le cose negli anni ’60: mentre in America, la mobilitazione di critici e architetti riusciva a salvaguardare l’opera hand-made di un muratore romano, in Italia, attraverso la sapiente ricerca del cavillo burocratico e camminando sul filo sottile della legalità, si permettevano scempi che nessuna mobilitazione poteva evitare.

Poi leggi la cronaca di questi giorni e ti accorgi che forse ci siamo meritati tutto questo, perché, noi italiani siamo fatti così, sempre alla ricerca del modo per fregare gli altri, interessati solo al nostro piccolo orticello, pronti a screditare chiunque pur di emergere…….senza accorgerci che nel fango ci stiamo sprofondando tutti…….. compresi gli architetti Casamonti e Desideri (pregasi leggere articolo a pagina 4 del giornale “la Repubblica” di mercoledì 17 febbraio 2010) ……………………………………povera patria (come cantava Franco Battiato).

Ora una boccata d’aria fresca.

Per farla chiaramente dobbiamo tornare indietro nel tempo.

Sfogliando le pagine della rivista, come ogni mese, ci si imbatte in figure di architetti, che hanno rappresentato e rappresentano la storia di questa professione, e in figure di architetti, che forse non hanno scritto la storia, ma hanno dato lustro a questo meraviglioso mestiere.

E’ il caso dell’architetto Sandro Monducci, nato ad Imola nel 1918 e laureato a Venezia nel 1950.

La sua ricerca paziente è un documento di una vitalità “di provincia” ma provinciale non è, che s’innesta, anche con limiti ed errori, in un ampio processo di cui vuole conoscere tutte le potenzialità e di cui va sperimentando e affrontando tutti i pericoli.

Monducci crede negli stati d’animo, nei momenti dell’uomo, nelle dissonanze, preferisce il sentimento e l’avventura alle distillazioni intellettuali.

Le tre case presentate, realizzate con bassi budget (………e non con i rialzi “ad hoc” di casamontiana memoria), rappresentano un puro esempio di qualità spaziale, che coniugando misurati ambienti pensati per l’uomo, alcove accoglienti e spazi intimi, determinano insuperabili architetture non scalfite dal tempo.

L’influsso wrightiano è evidente come lo è l’interesse per lo spazio interno e la sua caratterizzazione formale, volumetrica e plastica.

Il frutto di questa personale ricerca, di un architetto all’epoca non classificabile entro nessuna espressione architettonica, lo porterà ad essere una figura isolata, non per scelta polemica ma perché naturalmente ed umanamente così configurato.

Concludiamo con la presentazione di una copertura pieghettata per un’industria a Pietasanta opera dell’ingegnere Sergio Musmeci.

La copertura, costituita da una soletta di 10 cm, fu corrugata, per farla resistere per forma, in un “folding” pieghettato assolutamente originale; talmente particolare che, dopo cinquant’anni, alcuni lavori di Peter Eisenmann o F.O.A. gli sono debitori.

La parabola di Musmeci fu spezzata da un male fulmineo proprio nel momento in cui la sua personalità di ingegnere,architetto e scienziato giungeva a maturazione e iniziava a realizzare opere significative, a provare l’originalità e la concretezza delle sue teorie trasgressive.

Nel 1959 se decidevi di farti fare la copertura del tuo giardino con la copertura Folding di Sergio Musmeci spendevi 5.000 lire al metro quadro………………………………pardon 2,58 euro….

 

CRONACHE E STORIA- MARZO 1960

 

Lettere al direttore dall’amato sud della nostra splendida penisola…………………

Nel 1960 arrivò a Bruno Zevi una lettera dell’architetto Paolo Maffezzoli sulla questione meridionale e su quell’oscuro provincialismo che impedisce il formarsi di un ambiente architettonico capace di determinare una valida azione moralizzatrice nell’attività edilizia.

“La fame smodata dei proprietari dei suoli e quella dei costruttori non hanno limiti; la totale assenza di qualunque freno da parte degli organi preposti alla disciplina delle costruzioni ha fatto esplodere gli istinti più meschini dell’essere umano; quel senso di autodisciplina che pur si riscontra in molte province settentrionali qui, se mai è esistito è scomparso da molti anni.

Ignoranza e ingordigia hanno inferto, e per sempre, innumerevoli colpi mortali al paesaggio che si estende da Amalfi a Miseno.

Le progettazioni sono elaborate sotto l’incubo dello sfruttamento, enormi colate di cemento armato si abbattono su città, campagne e riviere che si gonfiano come palloni per rimpinzarsi di vani.

La rinuncia a qualsiasi tentativo di ricerca nel campo plastico o costruttivo porta al più agghiacciante isterilimento…………”

Questa era la situazione negli anni ’60.

Con la nostra macchina del tempo arriviamo ai giorni nostri, pronti a congratularci, con noi stessi e con chi ci ha governato, della brillante situazione attuale.

Scendiamo dalla macchina baldanzosi che in cinquanta anni molte cose saranno cambiate, che ci saremo affrancati da cotanto provincialismo e che avremo imparato a rispettare l’ambiente, ma ci imbattiamo in un piccolo articolo del quotidiano “La Repubblica” del 12 marzo 2010 ”Pronto un altro condono edilizio ecco il progetto della maggioranza”.

“Un nuovo condono edilizio, con possibilità di sanare anche gli abusi commessi in aree sottoposte a vincolo ambientale paesaggistico. Così dispone il disegno di legge presentato dal Pdl in Senato lo scorso 17 febbraio, che fa slittare i termini per la presentazione delle domande dal 10 dicembre 2004, come prescrive la legge sul condono edilizio, al 31 dicembre 2010. Se il provvedimento venisse approvato, una nuova valanga di richieste di sanatoria potrebbe inondare gli sportelli dei Comuni

d' Italia, e questa volta con un' agevolazione in più per chi ha commesso l' abuso: i beni ambientali e paesistici scompaiono dalle aree intoccabili.Il governo non si ferma nemmeno di fronte al dissesto idrogeologico dell’Italia e alle vittime provocate dalle frane. Il riferimento è a Ischia, dove, a quanto riferisce il presidente dei Verdi, il provvedimento sarebbe fortemente voluto. Proprio a Ischia i sindaci di sinistra e di destra hanno chiesto al governo Berlusconi di far rientrare gli abusi nel condono del 2003, che qui non è stato applicato perché l’isola è sotto vincolo paesaggistico. Sono in tutto 740 le costruzioni abusive individuate dalla Procura della Repubblica, che ordina le demolizioni man mano che le sentenze passano in giudicato. Intanto, a novembre scorso, sull’isola è venuta di nuovo giù la montagna, che si è portata dietro una vittima”.

L’unica certezza è che il tempo passa inesorabilmente, le cattive abitudini mai……….

A confermare questa tesi c’è il secondo argomento che ciclicamente si ripete: nel 1960 l’on. Tarcisio Longoni, “geometra ispettore tecnico” presentò alla camera due proposte di legge dirette ad ottenere per i geometri l’attribuzione di una maggiore competenza nel campo della progettazione e della direzione delle opere in cemento armato, dando loro praticamente la possibilità di costruire edifici di ogni tipo……..cinquant’anni dopo la Senatrice architetto Simona Vicari presenta il disegno di legge n.1865 sulle competenze dei Geometri.

Parliamo sempre degli stessi argomenti, facciamo sempre gli stessi errori e abbiamo la stessa lungimiranza……… è impensabile sfogliare una rivista di architettura del marzo 1960 e ritrovare le stesse argomentazioni che sono oggi nei nostri giornali, siamo l’unico paese che vede il futuro attraverso il binocolo retto al contrario.

Questo report è stato un pochino noioso perché ha trattato poco di architettura, cercherò di recuperare parlando del memoriale della Croce Rossa internazionale costruito a Solferino-Mantova dall’architetto Alfredo Lambertucci e dall’artista Edgardo Mannucci.

Lo spazio di raccoglimento disegnato è rappresentativo di un modo di fare architettura anticonvenzionale e non presuntuoso, carente di quel tronfio tritume che a volte ritroviamo nell’architettura celebrativa; le sapienti mani dei due artisti hanno elaborato uno spazio misurato composto da un lungo percorso d’invito che sfociava in un piazzale rettangolare di un solo gradino più alto del viale stesso, da qui si poteva scendere, attraverso due tenui gradini, nella parte più bassa e psicologicamente più raccolta del memoriale.

In questo parte ribassata si poteva ammirare una libera inquadratura della pianura padana che si perdeva all’infinito, il muro di chiampo porfirio su cui erano innestati a scacchiera i blocchi di granito grigi, verdastri e rosa, che riportavano i nomi dei paesi sostenitori della Croce Rossa e la transenna in graniglia di marmo nero e cemento, il cui traliccio asimmetrico si allargava, verso una delle estremità, con un occhio in cui era incastonata una croce rossa di vetro massiccio di Murano.

Una composizione semplicissima e misuratissima in cui la complicità dell’artista e dell’architetto ha evitato di turbare la serenità del memoriale con episodi drammatici e retorici.   

Nel 1960 se decidevi di comprare il libro di Giulio Carlo Argan sull’Architetto Ignazio Gardella edito da Edizioni Comunità spendevi 2.000 lire………………………………pardon 1,03 euro, se avevi la fortuna e lo volevi comprare sulle bancherelle di Porta Portese lo pagavi 50,00 euro!

 

CRONACHE E STORIA- APRILE 1960

 

Nel 1960 sulla marmorea parete sinistra dell’atrio del Royal Institute of British Architects fu scolpito il nome di Pierluigi Nervi secondo italiano, dopo l’architetto Luigi Canina, a vincere la medaglia d’oro.

Nel 1849 gli inglesi premiarono il Canina riconoscendo in lui, più che l’architetto, l’erudito della cultura neoclassicista, l’artista gelido che, in un’età di eclettismo stilistico, aveva il merito di rifarsi alle fonti. La vittoria di Pierluigi Nervi, dopo un lungo calvario in cui l’Italia fu cancellata dal novero delle regioni creative, sostanziò la voglia di tornare a partecipare alla civiltà europea e mondiale non più in posizione di epigoni ma da protagonisti.

Da allora solo altri due architetti sono riusciti a vincere la medaglia: Renzo Piano nel 1989 e Giancarlo De Carlo nel 1993, due maestri dell’architettura partecipata.

Considerazione sulle riviste di architettura.

Con il numero di aprile la rivista “L’Architettura - cronache e storia” compie i suoi primi cinque anni di vita; in un paese in cui la pubblicistica tecnica si basava, di regola, sull’episodio o sul frammento, e le riviste, più che riviste, erano serie di “numeri unici” connessi estrinsecamente, “L’Architettura” scelse di adottare un metodo e di mantenerlo resistendo alle facili lusinghe di quotidiani “auto-superamenti” intellettualoidi.

Il successo di una rivista va ascritto non all’eccezionalità di questo o quel fascicolo, ma alla coerenza degli impegni culturali assunti ed esplicati mese per mese.

La stessa coerenza che ha portato, con enorme rammarico, alla sua chiusura una volta morto il suo direttore-fondatore.

Oggi assistiamo sempre più spesso al valzer dei direttori e se da un lato questo può rappresentare un segnale di forte pluralismo, dall’altro normalizza e appiattisce le linee editoriali su un livello assolutamente mediocre: pochi hanno il coraggio di rischiare, pochissimo s’investe sull’”architettonico-scorretto”, nessuno si dimostra coerente.

Si è concordi, però, su un punto: basta pubblicare l’ultimo progetto dell’archi-star di turno………

la Vitra-haus, degli architetti svizzeri Herzog & deMeuron, è stata pubblicata nell’ ultimo mese da Casabella, Domus, Abitare, the Plan, Giornale dell’Architettura, Casamica……………

Parliamo di architettura: nel fascicolo di questo mese è presentato il monumento ai Partigiani nella Certosa di Bologna opera dell’architetto Piero Bottoni.

Il monumento è un foro nella terra, non copre le tombe dei morti con architravi ipocriti e non segna un punto per la vanità dei sopravvissuti.

A chi è rimasto, offre all’esterno la sua dura forma di tronco di cono a direttrici paraboloidi;

all’interno del pozzo di levitazione, troviamo la cripta sotterranea, in cui è possibile accedere mediante due scale a corda molle.

La discesa è pensata in maniera che il visitatore discenda prima ripidamente, poi, penetrato nel regno commemorativo, lentamente vi si addentri, prendendone coscienza senza sforzo. Dalla cripta circolare interrata si vedono l’interno cavo del tronco di cono e successivamente il cielo; nelle pareti interne del cono figure umane si librano nello spazio verso l’alto sino a raggiungerne la cima.

Più che la pianta bisognerebbe guardare le sezioni e non perché vi è contraddizione tra planimetria e alzato, ma perché la sezione verticale denuncia in pieno, suggestivamente, l’idea formatrice del monumento, e ne indica integralmente lo spazio interno.

Questo accade di rado…………

Altro progetto presentato è quello dell’architetto Annibale Fiocchi per la Colonia Olivetti a Marina di Massa; si trattò di un misurato tentativo di trasferire nel verde e azzurro mare della Versilia il modello e la tradizione fiorita di Ivrea. Il risultato architettonico fu senza dubbio ottimo: spazi aperti articolati, ricerca continua di angoli prospettici mai perfettamente decifrabili e una dignità compositiva degna del paesaggio in cui è immersa.

Questo progetto offre una considerazione: la colonia era destinata a ospitare, limitatamente al periodo estivo, cento bambini d’ambo i sessi tra i sei e i dodici anni, in quella che negli anni ’60 era una consuetudine nelle famiglie italiane; oggi esistono i campi estivi, l’acqua-park, i parchi-giochi e …….. i nonni.

Non è che si devono lasciare inalterate le stesse cose a distanza di anni ma visto come crescono le nuove generazioni, ingolfati e plagiati dalle tv e da internet, non sarebbe il caso di ripensare il tema delle colonie marine come momento di formazione e crescita con valori diversi da quelli attuali?

Tanto per fare un passo in avanti guardando le giuste esperienze del passato.

Terminiamo con la presentazione della fisionomia del costume architettonico inglese negli anni ’60; tra gli altri si affacciano sulla scena due giovani architetti, che in contrasto con la monotona produzione edilizia, cercarono di proporre ambienti per case non solo funzionali ma molto emotivi e stimolanti. E lo faranno con una ricerca di espressione formale che, partendo da volumi di un’elementarità cristallina, vibravano le superfici arricchendole con aggettivazioni neoplastiche.

I “teddy-boys” dell’architettura inglese degli anni ’60 erano James Stirling e James Gowan.

Se il 20 agosto 1960, sotto gli auspici dell’Istituto Nazionale di Architettura, ti imbarcavi per una crociera architettonico-aerea nel Medio Oriente, della durata di nove giorni con scali ad Atene, Beirut, Baalbek, Damasco, Gerusalemme, Haifa e Tel Aviv, spendevi come quota di partecipazione, tutto compreso, 295.000 lire………………………….pardon 152,35 euro.

 

 

Pubblicato in XXL CHRONICLES

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