Su questo sito usiamo i cookies. Chiudendo questo messaggio si presta il consenso all'uso dei cookie.
Toolbar

2011

Have 3 items

Lunedì, 01 Agosto 2011 00:00

LUDWIEG MIES VAN DER ROHE

CODE: LDW MVR 27M86 TSH08

Pubblicato in XXL ACCESSORIES
Venerdì, 29 Luglio 2011 00:00

PRESS/Tletter n.34-35/2011

CRONACHE E STORIA-GIUGNO 1961

 

L’editoriale di Bruno Zevi è dedicato alla grandezza di Le Corbusier, non tanto sul piano artistico quanto su quello umano.

Le Corbusier rappresenta la personificazione di un “genio” particolarmente raro nella storia perché del genio non ha il difetto di rendersi avulso dalla cronaca dell’uomo e di creare in solitudine controcorrente.

Egli riassume la storia e la esalta, la rappresenta ma non la registra, la anticipa e quindi la ferma: fu unico nel suo tempo che riuscì a calarsi negli avvenimenti che gli accaddero intorno.

Non gli interessò la coerenza ideologica e meno ancora quella formale, non si preoccupò più di dimostrare e bruciò la piccola ambizione di essere un caposcuola; assunse in sé il crollo del razionalismo, l’esplosione dell’informale, i dubbi e le contraddizioni di una società la cui prosperità coincideva con l’insicurezza e le cui capacità scientifiche e tecniche non si traducevano in prospettive civili.  

Poteva insistere continuando a incarnare le proprie soluzioni, come facevano Mies, Oud, Aalto e Gropius, ma preferì compiere, soprattutto con Ronchamp, una rottura, ancor oggi ad anni di distanza, clamorosa e oltre ogni limite.

Negli anni ’60 la società era afflitta da un male congenito, da un’inverosimile degradazione frutto dell’incomunicabilità e della noia e in questo clima l’unico architetto a dimostrarsi vivo fu, senza possibilità di smentita, Le Corbusier.

In quegli anni la stessa vitalità e lo stesso senso di responsabilità di Le Corbusier la ritroviamo osservando il lavoro di Danilo Dolci.

Nell’Italia degli anni ’60, paternalistica e burocratica, capace di spendere centinaia di miliardi in interventi settoriali e in piani di rinascita improvvisati e inefficaci, Dolci lottava per far riconoscere la validità della sua “via dal basso” indicata, attuata e dimostrata nella Sicilia più povera.

La storia di Danilo Dolci sfiora l’architettura: dopo la guerra, infatti, studia Architettura a Roma, dove segue anche le lezioni di Ernesto Buonaiuti. Torna poi a Milano, dove conosce Bruno Zevi. Insegna presso una scuola serale di Sesto San Giovanni e prosegue gli studi di Architettura al Politecnico di Milano, ma nel 1950, poco prima di discutere la tesi, decide di lasciare tutto per aderire all'esperienza di Nomadelfia.

Lasciata l’architettura iniziò il suo lento percorso nella Sicilia più povera con una attività di animazione sociale e di lotta politica sviluppata, con coerenza e coraggio, attraverso gli strumenti della nonviolenza.

L’esempio di Dolci fu apprezzato più all’estero che in Italia e la conferma la troviamo nel fascicolo di giugno: il presidente Americano Kennedy non solo dichiarò di aver letto “Inchiesta a Palermo” ma attinse ufficialmente nell’esperienza di Dolci per concepire l’idea dei “Corpi volontari della pace”.

Il fatto che Dolci fu invitato a tenere conferenze a Yale, a Harvard e che gli chiesero suggerimenti e pareri per impostare il lavoro nei paesi poveri, non spinse le nostre università o i nostri dirigenti politici a rivedere le proprie posizioni.

Fu osteggiato in maniera sistematica ma ebbe sempre la forza di non scoraggiarsi di fronte a niente e a nessuno; dimostrò di essere il solo “architetto” italiano la cui vocazione non era condizionata dal calcolo di un reddito a breve scadenza.

Di Danilo Dolci mi piace ricordare questa piccola ma intensa poesia: “ Se l'occhio non si esercita, non vede.  Se la pelle non tocca, non sa. Se l'uomo non immagina, si spegne”.

Cronache senza tempo…..

“Ha avuto notevole rilievo sui giornali un fatto assurdo e grottesco che si verifica a Roma: vi sono interi quartieri ad Acilia, Ponte Mammolo e a Torre Spaccata le cui case sono state completate da anni, ma in cui non vive nessuno. Mancano le strade, l’acqua, il gas, la luce, insomma tutti i servizi pubblici che il comune di Roma dovrebbe realizzare dopo che l’INA CASA ha costruito gli stabili.

Il Comune di Roma ha approvato i progetti, si è impegnato ad assicurare i servizi pubblici ai nuovi aggregati, ma non ha i fondi per mantenere le promesse: il risultato è che quarantamila romani si trovano nell’impossibilità di usare le case loro destinate.

Così si amministra in Italia: ogni ente si preoccupa del settore di sua competenza, infischiandosene del risultato finale.”

Non spaventatevi, non strabuzzate gli occhi e tranquillizzatevi, questa è una vecchia cronaca e non quello che accade oggi nelle nuove Centralità intorno a Roma………….

Se, nel 1961, decidevi di fare un pieno di benzina nelle splendide stazioni di servizio Agip, con annesso motel, spendevi lire 120 al litro…………………..pardon 0,062 euro.

 

CRONACHE E STORIA-LUGLIO-AGOSTO-SETTEMBRE 1961

 

Nel fascicolo di luglio è presentata una bellissima casa costruita a Roma da Luciano Rubino e Inge Pederesen Rubino.

La casa fu costruita su un terreno particolarmente accidentato con un dislivello di quattordici mt rivolto verso una magnifica vallata verde come ancora era possibile trovare a Roma negli anni ’60; gli architetti riuscirono a inserirla magnificamente nell’orografia del terreno con una serie di giardini terrazzati resi dinamici dal loro sfalzamento e sottolineati dai muri di contenimento rivestiti con sfridi di travertino poco costosi ma esteticamente eleganti.

L’immagine della casa è ancor’oggi estremamente moderna al punto che, sebbene costruita in una zona signorile di Roma, riesce a far sfigurare dopo cinquanta anni gli immobili edificati in seguito.

Se ci fosse bisogno questa casa accentua il divario tra le opere costruite dagli architetti con la “A” maiuscola e i palazzinari che si occuparono solo di costruire con il chiodo fisso della speculazione.

Altra considerazione.

L’architetto, grazie anche alla lucida competenza della committenza, riuscì, dopo aver progettato la casa, a disegnare e costruire anche tutto il mobilio interno; il risultato fu assolutamente raffinato, ricercato e originale.

In un periodo in cui Ikea muoveva i primi passi dalla Svezia (…..e non aveva ancora l’odierna diffusione), in Italia era possibile costruire una casa disegnandone anche tutto il mobilio; di più, con il lavoro generato si riusciva a organizzare un mobilificio appositamente creato che, dopo quella prima esperienza, avrebbe continuato a lavorare con le proprie forze.

Questa era la magnifica concretezza italica che unita alla creatività era capace di dar vita a meccanismi di crescita che oggi ci sogniamo.

La tendenza di questi ultimi anni è, purtroppo, connotata dalla voglia di avere case omologate da mobili uguali e con nomi improbabili (….lack,esperit,benno…) piuttosto che avere un mobile originale, ergonomico e funzionale appositamente creato da una figura professionale, il falegname, che è in via di estinzione come i panda…..

Così è se ci piace……

Di Luciano Rubino mi piace ricordare e sottolineare, inoltre, due cose: la prima è la collana di libri, da lui inventata e diretta, “il Bovindo” pubblicata dall’editore Kappa di Roma, la seconda è che, se su qualsiasi motore di ricerca digiti il suo nome, non trovi niente che possa permetterci di comprendere le sue idee, i suoi studi o le sue architetture.

Eppure con la collana “il Bovindo” riuscì a soddisfare la sua ambizione di riprendere e proseguire l’indimenticabile e insuperata collana “il Balcone” che in pieno secondo dopoguerra contribuì a far avvicinare all’architettura tanti ragazzi, riuscendo a pubblicare cinque monografie sul lavoro di alcune figure mitiche dell’architettura quali Arne Jacobsen, Aino e Alvar Aalto, Ray e Charles Eames, Pierre Chareau e Bernard Bijvoet, e fu tra i primi a scoprire, in Italia, il lavoro di Frank O. Gehry.

Ora sorge spontanea una domanda: come mai di una persona che ha educato, attraverso la sua ricerca storiografica, almeno una parte di una generazione di architetti, non si trovano notizie in rete?

La risposta è da ricercare nelle condizioni generate dalla rete; ci sentiamo collegati con il mondo, certi scoprire ogni cosa che non si conosce e consapevoli che il sapere è lì nel tuo PC, nascosto nei motori di ricerca sempre più sofisticati; poi scopri la vulnerabilità del sistema e comprendi la sua approssimazione e non ti spieghi perché di uno studioso come Luciano Rubino si siano perse le tracce o si debbano ritrovare solo su qualche bancarella che vende libri usati a Porta Portese ……

Aggiornate per favore…..

Nel 1961 si celebrava il centenario dell’Unità d’Italia e a Torino si decise di costruire l’esposizione su un’area deserta, situata a cavallo di Corso Unità d’Italia, affacciata sul Po e immersa nel verde; tra i padiglioni spiccava quello di Pier Luigi Nervi, la cappella degli architetti Nicola, Rizzotti e Romano e i piccoli padiglioni della mostra delle regioni dell’architetto Nello Renacco, autore anche del piano Urbanistico.

Tra le opere costruite ci fu anche il salone-museo delle automobili sapientemente e magnificamente ampliato, cinquant’anni dopo, per i festeggiamenti dei 150 anni dell’unità d’Italia, dall’architetto Cino Zucchi.

Prendendo spunto da questa manifestazione mi torna in mente il sempre attuale quesito inerente il metodo operativo adottato nel concepire e attuare tutte le grandi esposizioni.

Da sempre si verifica che, per queste grandi manifestazioni, gli architetti progettino fabbricati indipendentemente dai contenuti che dovrebbero essere chiamati a involucrare; terminato questo lavoro sopraggiungono gli allestitori che si affannano a riempire spazi predeterminati e generici.

Questa dissociazione procedurale produce sempre degli allestimenti che, agendo in concorrenza con gli ambienti edilizi, risulteranno fastidiosi ingombri o estrinseche aggettivazioni.

Bisognerebbe, in questi casi, capovolgere le fasi dell’operazione: prima, stabilire con esattezza “che cosa” si vuole esporre, poi, “come” allestire il materiale e infine, progettare gli involucri.

Altra questione: quante “cattedrali nel deserto” restano, una volta terminata l’esposizione, inermi, svuotate e abbandonate? Ricordo ancora il magnifico padiglione degli olandesi MVRDV all’expò di Hannover del 2000 rimasto invenduto perfino a un’asta su E-Bay…..

Fatte queste considerazioni, non sarà che l’italica idea per l’esposizione milanese del 2015 di non costruire padiglioni e allestimenti ma “orti urbani” poteva rappresentare la chiave di volta di un modo di pensare e progettare??

Si ha la sensazione che avremmo realizzato una frattura con il passato, ma ci siamo ben presto ri-allineati alla tradizione e alla consuetudine del mattone…….

d’altronde con gli orti non è che si generano appalti milionari……

Se, nel 1961, decidevi di comprare un Radiofonografo bi-ampli stereo con filodiffusione, comandi a tastiera, riproduzione integrale dei dischi stereofonici e quattro altoparlanti ad alta impedenza della Philips spendevi 249.00 lire ………………….pardon 128.60 euro.

 

Pubblicato in XXL CHRONICLES
Domenica, 10 Luglio 2011 00:00

ELIPORTO FANO ADRIANO

PROGETTO: ELISUPERFICIE
ID: PST FNA 07L11 XXL44
TIPOLOGIA: ELIPORTO
COMMITTENTI: CLAUDIO E MARIA TERESA
LUOGO: FANO ADRIANO (TE)
COLLABORAZIONI: Renzo Maria Guidi Ingegnere
SUPERFICIE: 300 mq
PROGETTAZIONE: 2011
ESECUZIONE: 2012
WEB CATEGORIES: XXL ARCHITECTURES
TESTO: Una pista privata di atterraggio per elicotteri al centro del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. I committenti hanno scelto di mettere a disposizione delle autorità di soccorso e tutela questa elisuperficie migliorando i servizi alla piccola comunità montana di Fano Adriano.

Pubblicato in XXL ARCHITECTURE

Chi siamo

Chi Siamo

XXL Architetture è stato fondato nel settembre
del 2003 ed attualmente ne fanno parte
gli architetti Germano Franciosi (1976)
ed Arcangelo di Cesare (1966).

Contatti

Mail Us
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Germano Franciosi
+39.338.3324939
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Arcangelo Di Cesare
+39.347.1956759
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Lo studio

lo studio 1

Location
Via Simone Mosca, 15
00168 - Roma - Italy
mappa

Vuoi rimanere in contatto con noi? Seguici ora su...