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2012

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Lunedì, 20 Agosto 2012 00:00

PRESS/Tletter n.43-44/2012

CRONACHE E STORIA – GIUGNO-LUGLIO 1962

 

Sul dettaglio.

Analizzando la nuova sede dell’ACI a Firenze l’Architetto Giovanni Klaus Konig dedica parte delle sue osservazioni ai dettagli costruttivi: per giudicare correttamente il dettaglio va confrontato con la totalità dell’immagine, indagando se esso sia o no il naturale proseguimento del processo creativo, il quale non deve arrestarsi troppo presto al livello dell’”abbozzo”, né troppo tardi, quando l’immagine, troppo a lungo cincischiata, perde forza e si fa edonista, compiaciuta e composita.

I dettagli di Mies, ad esempio, pur essendo raffinatissimi non tolgono nulla alla forza dell’immagine totale, anzi sono inscindibili dall’idea strutturale.

Di contro, in molte opere accuratamente finite il disperdersi nel raffinatissimo dettaglio non giova certo alla facilità di percezione dello spazio interno e viene da rimpiangere che gli autori non si siano preoccupati di quest’ultimo quanto invece si sono preoccupati dei particolari.

L’architetto conclude l’argomentazione con questa domanda: che senso ha oggi l’esasperato dettaglio, in un mondo dove tutto si è spaventosamente accelerato, dove ogni visione si è fatta necessariamente rapida e sintetica’?

Il lampione di ghisa aveva le sue belle zampe di leone, ed era giusto che le avesse; ma se oggi il lampione dell’autostrada è estremamente sintetico, non è solo per il gusto razionalista, ma perché così ci impongono le leggi della visione veloce e in movimento.

O noi crediamo ancora a una possibile restaurazione dei perduti valori della città antica, e allora il dettaglio è ancora il principe dell’immagine e la piazza il confine di un regno, oppure pensiamo ad altro e allora il nostro metro di giudizio se non proprio visto dalla capsula di Glenn, va comunque allargato e relativizzato.

E l’amore per il dettaglio (per la cerniera perfetta, pezzo unico, fuso in bronzo e composta da diciotto parti) non è che un rimpianto per gli ultimi patetici prodotti di un mondo che cambia; o meglio, in cui si è definitivamente alterato il meccanismo stesso della visione e della comunicazione.

Sui linguaggi architettonici.

Nel 1962 “L’architecture d’Aujourd’hui” sintetizzò il caos, che contraddistingueva il panorama architettonico mondiale, analizzando, con sette flash esplicativi, alcune opere progettate o costruite in quell’anno.

A ognuna di queste correnti “L’architettura cronaca e storia” associò taglienti aggettivi:

- Il “Monumentalismo” raffigurato dal monumento commemorativo dedicato al generale Liberader in Nicaragua, era stolido e statico.

- Lo ”Strutturalismo” della stazione aerea della metro nel 15° Arrondisement di Parigi era anonimo e informe.

- “L’Era Nucleare” del centro di ricerche a Manchester era affascinante ma irrisolto.

- La “Sintesi delle Arti” raffigurata nella facciata di un immobile commerciale in Brasile era velleitaria ed epidermica.

- Il “Brutalismo” del motel costruito in Italia era naturalistico e edonistico.

- Il “Neoclassicismo” del plexiglas Palace per l’esposizione di New York del 1964 era vacuo e insolente.

-Il “Disegno Inanimato” degli edifici commissionati da Walt Dysney non rappresentava più neppure le fiabe.

Tra tutti questi flash raffiguranti soluzioni architettoniche varie, idee bislacche o originali, desideri veri o virtuali e angosce reali o immaginarie manca quello che contraddistingueva il movimento organico.

Mancanza voluta, per non mischiarsi con l’indifendibile, o linguaggio inattaccabile?

Su Richard Neutra

“Nel 1910 l’immenso lago di Inyo era quasi ignoto.

Questo lago era cinto da maestose e suggestive montagne di cui raccoglieva le acque piovane al disgelo della primavera.

Pochi gli automobilisti che si avventuravano si qui.

Era quello che si poteva chiamare, senza ombra di smentita, luogo incontanimato.

I tecnici dell’ambiziosa città di Los Angeles, giù nella pianura a 250 miglia di distanza, in cerca di acqua raggiunsero il posto e cominciarono a far piani di sfruttamento idrico per placare la sete di una metropoli che già allora contava decine di migliaia di abitanti.

Arrivai in California negli anni ’20 e cominciai a occuparmi di architettura; da allora la popolazione si è quintuplicata. E come se un architetto tedesco vedesse aumentare la popolazione del proprio paese fino a 300 milioni oppure la dimensione di Colonia crescesse, mentre egli è chino sul tavolo da disegno, fino a quella di Buenos Aires.”

La casa che Neutra ebbe la fortuna di costruire in questo posto, reso arido dalla violenza umana, potrebbe rappresentare l’esempio del giusto approccio che dovrebbe avere l’architettura quando incrocia il suo destino con la natura: armonia, leggerezza, eleganza e fascino sono i segni caratterizzanti di quest’opera, che a distanza di cinquant’anni, resta moderna in modo imbarazzante.

Il resto lo creava la natura………

Guardare dalla camera da letto matrimoniale le rocce di fronte, alte 25 metri che sembrano conversare tra di loro, impediva di trovare il sonno.

La luce della luna e delle stelle, che si increspava sulle superfici aspre del monte Whitney, mutava a ogni ora della notte e quando l’alba, appariva sul lago ora secco, la luminosità del cielo e i disegni delle nuvole diventavano tanto entusiasmanti che scattare foto ogni cinque minuti era una rincorsa ansiosa e disperata.

Oggi la natura seguita ad alternarsi, notte e giorno, travolgente ed eterna, mentre il progresso qui si arresta e lontano, in un altro mondo, Los Angeles, continua a ingigantire…….

Se nel 1962 decidevi di partecipare al Concorso internazionale, bandito da Ideal Standard, per disegnare la nuova “Sala da bagno ideale per la famiglia moderna”, potevi vincere 12.000 dollari….. ……….pardon 8.161,91 euro…….

 

CRONACHE E STORIA – AGOSTO 1962

 

Il fascicolo della rivista numero 82 dell’agosto 1962 fu dedicato completamente alla rilettura, dopo venticinque anni, della casa sulla cascata di Frank Lloyd Wright.

Fu un numero storico su uno dei più grandiosi capolavori di tutti i tempi.

Nell’editoriale di presentazione l’architetto Bruno Zevi introduce l’opera partendo da un saggio di Alois Riegl sul processo architettonico distinto in formazione spaziale e composizione delle masse.

La storia attesta una precisa evoluzione: si passa da una visione che ha orrore dei vuoti e li soffoca a un’età che li esalta ponendoli in unione con l’infinito: per il Riegl questa età era il gotico. Per Zevi, invece, questa età aveva un’espressione assai più avanzata e matura, che si concretava nel più coraggioso e coerente raggiungimento della ricerca moderna e in uno dei sommi monumenti creati dal genio umano lungo il suo arco millenario: la casa Kaufmann.

Bear Run rappresentava una proiezione del futuro nel mondo d’oggi. Emergeva nella continuità paesistica come un’articolazione di spazi “privi di forma” bruciando le figure elementari della materia cubica e ogni residuo classicistico; i suoi invasi non avevano chiusure, non vi erano facciate, non vi era distinzione tra struttura e pesi portati poiché tutte le “membra” entravano nell’orchestrazione statica sovrapponendosi con quella spaziale. In questa casa coincisero, per la prima volta nell’umana vicenda, la formazione delle cavità e la composizione delle masse.

Frank Lloyd Wright definì così l’opera all’Associazione Taliesin il 1 maggio 1955:

“Fallingwater è una grande benedizione, una di quelle grandi azioni umane che possono essere sperimentate qui sulla terra, non penso che niente ancora abbia mai uguagliato la coordinazione, la sintonia espressiva di un grande principio di armonia dove la foresta, il ruscello, la roccia e tutti gli elementi strutturali sono così quietamente combinati tanto che tu puoi realmente ascoltare non altri rumori se non la musica del ruscello che scorre. Ma se tu ascolti il suono di Fallingwater tu ascolti la quiete della campagna...”.

Dettaglio sulla casa.

Il sistema strutturale dell’edificio era costituito dalle rocce, che servivano come appoggio per le travi e per i pilastri in cemento armato, e dai muri in pietra locale; nonostante i considerevoli aggetti, tali da suscitare al tempo le perplessità degli ingegneri, le diverse parti si ponevano geometricamente in reciproco equilibrio garantendo stabilità all’insieme.

Da un nucleo centrale massiccio (la parte ancorata alla roccia, nel quale era ricavato il camino che dominava il soggiorno) uscivano a sbalzo le terrazze in calcestruzzo armato che “mimavano” lo scorrere dell’acqua e si proiettavano sul vuoto “come i rami di un albero che si staccano dal loro tronco”, secondo la definizione dello stesso Wright.

Furono queste immagini a far guadagnare al progetto negli anni Trenta le copertine del settimanale Time e di tutte le riviste d’architettura.

In effetti, questa costruzione rappresentava la definitiva affermazione romantica del pensiero di Wright, con la pianta che si sviluppava dall’interno all’esterno secondo l’andamento dinamico tipico della sua architettura e con i prospetti caratterizzati da grandi terrazzamenti a sbalzo, i cui profili sembravano nuotare nello spazio e abbracciavano il vuoto assumendo a ogni piano una configurazione diversa.

Fu il cemento armato a offrire la possibilità di sospendere la casa “sopra la cascata”, di proiettarla all’esterno della roccia naturale, mantenendola allo stesso tempo ancorata e galleggiante.

L’evidente intenzione di Wright era di fondere l’edificio nell’insieme degli elementi naturali, l’acqua, le pietre, gli alberi, come se ne facesse integralmente parte.

Ogni dettaglio rinforzava l’idea della scatola esplosa: i pavimenti e i soffitti si espandevano indipendentemente gli uni dagli altri, gli elementi verticali si protendevano verso il cielo e le finestre, che si mettevano in contatto negli angoli delle stanze, si aprivano quasi a corrodere la nozione stessa di contenimento. L’idea iniziale di Wright era di rivestire la costruzione di lamina d’oro per imitare il colore delle piante morte, quasi a collegare la casa al cambiamento delle stagioni e al passaggio del tempo.

Il luogo, la costruzione, l’arredamento, la decorazione, e anche gli alberi divennero una cosa sola nell’architettura organica, sintesi nella quale confluivano tutti gli aspetti dell’abitare in armonia con l’ambiente.

E poco importa se col tempo la casa ebbe qualche problema statico per l’abbassamento del terrazzo a sbalzo o qualche problema d’infiltrazione che rigonfiò intonaci e deformò infissi;

La sua bellezza è stata e resterà eterna.   

Se nel 1962 decidevi di comprare la nuova vasca da bagno in acciaio antiacido della Zoppas spendevi 15.000 lire……….pardon 7,74 euro…….

Pubblicato in XXL CHRONICLES
Venerdì, 10 Agosto 2012 00:00

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ANNO: 2012

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